Archivio della Categoria 'Musica'

IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA ALLA SCALA NELLA REGIA DI ROBERT WILSON

sabato 1 ottobre 2011

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Venerdì sera, dopo aver visto alla Scala Il ritorno di Ulisse in patria, diretto da Alessandrini con la regia di Wilson, devo dire la verità, sono rimasto alquanto deluso. Questo direttore e questo regista avevano diretto nel 2009, sempre alla Scala, l’Orfeo. In quella occasione mi avevano ampiamente convinto, come scrissi facendo un commento alla rappresentazione sul blog. L’Orfeo è un’opera che si immerge nel mito dell’antica Grecia e ne trasferisce sulla scena la sacralità. La rappresentazione scaligera, allora, ne seppe cogliere gli aspetti drammaturgici fondamentali. Ben diversa è la struttura del Ritorno di Ulisse in patria. Siamo sempre nell’atmosfera del dramma mitologico dell’antica Grecia, ma qui l’aspetto drammaturgico si sviluppa in modo più aperto, meno legato alla sacralità e più al racconto degli eventi. Gli oltre trent’anni che intercorrono fra le due composizioni (1609 vs 1640) hanno contribuito certamente a rimarcarne le differenze, introducendo nella seconda aspetti barocchi che preludono allo sviluppo successivo dell’opera seria.

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QUARTETT di Luca Francesconi alla Scala. Qualche considerazione

venerdì 13 maggio 2011

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Dopo aver visto alla Scala Quartett, l’opera di Luca Francesconi, se da una parte sono stato impressionato dal fascino di una rappresentazione in cui musica, scenografia, movimenti scenici convergono a formare uno spettacolo unitario, coerente e globalmente coinvolgente, dall’altra parte sono rimasto turbato dalla problematicità di un’opera i cui significati reconditi mi sono apparsi di non semplice e immediata interpretazione.

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DEATH IN VENICE alla Scala. Considerazioni.

sabato 19 marzo 2011

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Amore e Morte, Eros e Tanatos: è un po’ il filo conduttore del romanzo breve di Mann La morte a Venezia e dell’omonima opera di Britten. La morte fa la sua comparsa subito, fin dalla scelta del nome di Aschenbach: Gustav, come Gustav Mahler, il tormentato e bevrotico compositore, morto appunto nel 1911, l’anno in cui si immaginano svolgersi i fatti narrati nel romanzo.  E la morte, nel romanzo, assume le vesti di quattro personaggi ambigui, che stanno fra il reale e l’irreale: Il viaggiatore, incontrato proprio all’inizio durante la passeggiata in un cimitero, che penetrerà nei suoi pensieri angustiati dalla crisi creativa, e che lo convincerà a viaggiare, ad andare a Venezia, dove la morte trionferà sotto il segno del colera; poi, il finto giovane sul bastimento, che gli apre la via della decadenza fisica e degli illusori ostacoli che invano si tenta di opporle; ma egli stesso, nella grottesca scena finale del barbiere, cadrà nella stessa illusione e nel conseguente disgusto per se stesso; il gondoliere abusivo che lo accompagnerà al lido, richiamandogli alla mente il cupo attraversamento dell’Ade su un’imbarcazione, la gondola, il cui aspetto ricorda da vicino quello di una bara; e alla fine, proprio alla vigilia della morte, nel pieno dell’epidemia del colera, il chitarrista capo dei suonatori ambulanti, che coinvolgerà tutti gli ospiti dell’albergo in una risata irrefrenabile e intensamente allusiva.

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Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni.

giovedì 20 gennaio 2011

La rappresentazione del 18 cui ho assistito avrebbe dovuto essere la seconda, ma di fatto è stata la prima, dato che, credo per uno sciopero, la rappresentazione del 16 è saltata. Questa precisazione non l’ho fatta a caso: non sono molto interessato ad assistere alla prima, alla seconda o anche all’ultima rappresentazione della serie (quella in cui ho assistito alla Walkiria è stata la penultima rappresentazione e mi è piaciuta immensamente). La precisazione serve a spiegare la mia costernazione allo scatenarsi di booo (soprattutto provenienti dal loggione) cui ho assistito alla fine dei Pagliacci e, un po’ meno, alla fine della Cavalleria. Sono cose alle quali che decine e decine di registrazioni radiofoniche in diretta delle prima scaligere mi avevano assuefatto, ma alle quali non avevo mai assistito di persona. Mi sono chiesto il perché, e come me se lo sono chiesti in molti, almeno fra quelli seduti ai posti vicino al mio. Poi la risposta mi è venuta ripensando a certi post di frequentatori di IAMC, che si definiscono “intenditori”. Chiaro: la risposta ai nostri perché era semplicissima: non ci intendiamo di musica.

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L’Elisir d’amore alla Scala. Un commento

sabato 23 ottobre 2010

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Come ho già scritto in questo blog, commentando la ripresa televisiva di una rappresentazione allo Sferisterio di Macerata, non ho una particolare simpatia per questa opera, che non mi crea emozioni, non mi stimola riflessioni e si limita a trasmettermi un piacevole senso di divertimento e un discreto esempio di bel canto (cosa che apprezzo fin lì).

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