27 marzo 2013
È il primo romanzo di Hemingway, scritto durante il suo soggiorno parigino negli anni Venti. È stato un grande successo, anche se all’inizio vi furono critiche a volte anche aspre. A me è piaciuto solo dopo la seconda lettura. È un romanzo apparentemente senza una trama definita. Non è un racconto con un inizio e una fine, ma trasmette al lettore vicende, emozioni, rapporti reciproci che riguardano alcuni personaggi fra loro amici, tutti di nazionalità americana o inglese, che si ritrovano a Parigi e che, ad un certo punto decidono di fare un viaggio in Spagna, a Pamplona. Decidono di recarvisi in occasione della fiesta, di quella settimana nella quale le corride si succedono quotidianamente e hanno il fascino di accendere l’entusiasmo della gente. I tori vengono spediti all’arena attraverso le vie della città in mezzo alla gente che li fugge, li insegue, li provoca e a volte si lascia calpestare e incornare. Il romanzo si articola in due parti, nelle quali l’ambiente svolge un ruolo fondamentale: Parigi nella prima parte, Pamplona, o forse direi meglio, la Spagna nella seconda.
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22 marzo 2013
È il primo film di PPP. Girato in un bianco e nero molto appiattito, chiaro, poco contrastato, “sporco”, ci accompagna nelle baraccopoli di una Roma degradata abitata da sottoproletari: baracche fatiscenti, strade in terra battuta traboccanti di sporcizia, ragazzini che corrono inseguendosi urlando, e all’orizzonte enormi casermoni di una periferia popolare; un mondo del quale i borghesi abitanti dei quartieri bene ne ignorano non tanto i contenuti quanto la stessa esistenza.
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21 marzo 2013
Viene portato sulla scena un circo popolato da clown, acrobati, pagliacci e personaggi vari. Siamo sotto un grande tendone con attrezzi diversi, fra cui un grande letto coperto da tende dove giace molto malata la vecchia signora, e alcuni elettrodomestici. Dall’alto pendono cavi per i numeri aerei del circo. Il circo rappresenta l’America, e gli sketch che vi si recitano riproducono gli aspetti più significativi della storia e della cronaca di quel continente che vengono proposti come modello di vita per i popoli dei paesi occidentali. Fo ci avverte subito: questo è un circo senza rete, ossia la realtà degli Stati Uniti ci viene servita come essa è, senza cercare di giustificarne i diversi aspetti, anche i più grotteschi.
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19 marzo 2013
È il primo romanzo (o forse sarebbe meglio considerarlo un racconto lungo) di Hemingway. Generalmente esso è considerato una parodia del romanzo di Sherwood Anderson Riso nero, con la quale lo scrittore prese definitivamente le distanze da quello che egli considerava il suo maestro alla ricerca di una nuova forma di dare al romanzo. L’allontanamento ebbe luogo quando Hemingway si rese conto che Anderson, il cui insegnamento era stato fondamentale nella critica alle forme passate, non riusciva tuttavia a impostare quella che sarebbe diventata la forma nuova, della quale Hemingway può essere considerato l’iniziatore.
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7 marzo 2013
Ultimo film del grandissimo regista, che morì subito il montaggio, ma non fece tempo a completare elementi importanti come la colonna sonora, che fu affidata a Steven Spielberg. Già il titolo ci mette in apprensione: deriva dall’espressione Eyes wide open, in italiano “occhi spalancati”, espressione che ci fa pensare alla meraviglia che colpisce una persona quando vede qualche cosa di molto insolito, attraente o stimolante. Il titolo del film rovescia l’immagine. Gli occhi non sono più “open”, ma “shut” cioè chiusi. Questo contrasta con l’aggettivo wide (largo) che associato a open è comprensibile, ma associato a shut entra in contraddizione. E proprio a questo il film allude: alla contraddizione che emerge nel rapporto di coppia quando l’ordinarietà della convivenza quotidiana si alterna alla ricerca di vie d’uscita che sembrano essere solo espressioni di desiderio erotico, ma che incidono nella reciproca sensibilità come veri tradimenti e quindi come fonti di gelosia.
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