TANNHÄUSER alla Scala: riflessioni sull’opera e sulla rappresentazione
24 marzo 2010
Trentadue anni fa: il rapimento di Aldo Moro e l’assassinio della sua scorta, una data funesta per la democrazia italiana.
Nell’attesa di vedere l’opera di Janáček alla Scala, mi sono dedicato alla rilettura di Memorie da una casa di morti, il romanzo di Dostoevskij dal quale il compositore ha tratto il libretto. È stato molto interessante, non solo per la bellezza del libro di Dostoevskij, ma perché mi ha aiutato a capire le scelte di Janáček sia in merito all’organizzazione drammarurgica, sia in merito all’organizzazione della musica, e sia come la musica abbia saputo ricostruire quegli stati d’animo che danno al libro una vigorosa forza rievocativa della dolorosa realtà di un bagno penale siberiano.
Sono andato pieno di curiosità a vedere al CRT di Milano lo spettacolo Le pulle, operetta amorale di Emma Dante, la regista della Carmen scaligera che mi aveva tanto favorevolmente impressionato. Devo confessare di aver trovato il lavoro di difficile comprensione, almeno per me, e quindi di aver sentito la necessità di tornare a vedere il lavoro una seconda volta. Questo mi ha permesso di entrare maggiormente nello spirito della drammaturgia e della sua espressione teatrale.
Oggi è l’anniversario dell’auto da fe di Giordano Bruno in Campo dei Fiori a Roma. Vorrei che fra tanti “day” che oggi si celebrano per frastornare l’opinione pubblica e aggredire consensi da qualsiasi voglia parte, questo avesse un aspetto particolare: che la libertà di pensiero e di parola sono valori che a nessuno, né in nome di Dio né in nome di altri poteri o di altri miti è permesso soffocare.