18 agosto 2008
Doris Lessing nella prefazione ci informa di aver scritto questo romanzo nel 1983 con lo pseudonimo di Jane Somers. Confessa di aver voluto cimentarsi con un’ “opera prima” e verificarne l’accettabilità presso editori e critici. Ma Jane Somers non poteva essere che Doris Lessing, e il trucco è venuto ben preso alla luce. E Jane, la protagonista, colei che scrive il diario e che vive le straordinarie esperienze descrittevi, è ancora Doris Lessing, alla ricerca del rapporto fra la vita di relazione condizionata dalle convenienze sociali, e la scoperta del mondo reale che esiste nelle persone, quando le barriere difensive dell’autonomia cedono davanti all’avanzare dell’età, e la fragilità conseguente mette a rischio, o addirittura in balia degli estranei, l’identità personale.
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13 agosto 2008
Stefano lavora in una casa editrice: seleziona romanzi, alcuni li promuove, molti li rispedisce al mittente. Ha sposato per soldi (?), o per qualche ragione che non ha nulla a che fare con l’amore, Sara, la ricca figlia di un ricco imprenditore edile. Alla fine, stufo di lei, si separa. Lo conosciamo come un uomo freddo, disinteressato, in certo qual modo deluso (aveva cercato senza successo di fondare una casa editrice). Le donne, per lui sono una specie di diversivo. Dopo la separazione, prende come amante per un qualche tempo una fanciulla di cui non ricorda neppure il nome, la chiama O.P. (Opera Prima), una giovane scrittrice che gli ha presentato il suo primo romanzo ed egli, con molta larghezza, per incoraggiamento l’ha accettato.
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12 agosto 2008
Il titolo mi fa venire in mente la traduzione italiana del libro della Arendt sul processo di Gerusalemme a Eichmann: La banalità del male. Non so se la Comencini ha avuto in mente questo libro, quando ha immaginato un titolo per il suo romanzo. Certamente il tema del male e del bene sono presenti in modo determinante nei due libri: il male del nazismo come degenerata fioritura della concezione burocratico-gerarchica del mondo; il male del comunismo come distorsione di un’utopia: “il male è un caso estremo e fuorviato del bene”.
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11 agosto 2008
Il libro è titolato Non avevo capito niente. Alla fine della lettura mi è sembrata l’unica battuta veramente ironica di tutto il libro. De Silva si confessa: non aveva capito niente; non aveva capito che cos’è un romanzo, perché lo si scrive, che cosa si vuole dire a chi lo legge, come lo si racconta, quale lingua si deve usare…
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7 agosto 2008
Luigi Incoronato, con questo libro, pubblicato nel 1950, inizia la sua attività di scrittore. Anche se non è proprio napoletano d’origine, Napoli diventa la sua città, e in questo libro lo dimostra fino in fondo.
Ermanno Rea ne parla nel suo libro Napoli Ferrovia, e ciò che ne dice mi ha indotto ad acquistare il libro e a leggerlo. La definizione di Rea è terribile: «Il libro forse più amaro e buio mai scritto su Napoli». Rea era molto amico di Luigi Incoronato e lo ricorda con affetto infinito e con immenso dolore descrive la sua morte nel 1962, un suicidio effettuato introducendo in bocca la canna del gas.
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