Ma saranno anche leggere
queste membra? E che parole
o rivoli rossi percorrono i dintorni,
i contorni e si espandono a grappolo,
a pioggia sottile? Io sono qui
che guardo tutto e annoto,
ma tu non vedi che stai tremando
e ti scuoti come un cane bagnato?
Le ossa del pollo o le nostre
si succhiano, si succhiano
bene, e di gusto
per assorbire la vita,
tutto il sapore che c’è
Gli oggetti sono cambiati, sono cambiato io.
Erano fatti per resistere, durare anche oltre noi;
costavano fatica, sangue, soldi,
erano carta assorbente opaca
che tramandava affetti e memorie.
Oggi sono lisci, lucente spettacolo,
mucchi immensi di opulenza iniqua,
che scivolano viscidi di mano,
impermeabili. Come sono anch’io
nel processo del tempo destinato
a questo oceano sgargiante di rifiuti.
Nervi, membrane, cartilagini,
vasi che pompano, vasi
che perdono plasma,
anfore, vene e vasi da notte
Come un intrico di vie,
una città, gli uomini, un labirinto.
Io cammino, ci vado a spasso
come il subacqueo microbo
mi viaggio dentro il corpo.
Il busto puzzava di ammoniaca,
grigioverde e pieno di gancini,
divisa e tonaca sul mio costato,
sopra il mio piccolo cuore
nel distacco malato.
Me ne restavo muto al tavolo osservando
le buste bianche e le monete, la dicitura
“Caro Pane”. Aspettavo
la fine del gioco del sabato, mentre lui
era lì pronto, nero nella sua veste, come neri
erano i suoi bei capelli e gli occhi.
Aspettavo i residui, quei pochi avanzi
per qualche figurina. E poi nei prati,
Masciadri, il fisarmonicista, l‘amico
che oggi vorrei tanto avere, dietro lo sguardo
franco sul testone e gli occhialini
apriva il borsellino sorridendomi e diceva
«Potrei comprarmi il mondo intero»
Il nano ragioniere dai capelli grigi,
coi denti di coniglio e le calzette bianche,
sotto i calzoni grigi alla caviglia,
si tirava come un pupazzo alla lavagna
disegnando strane forme di T:
i mastrini, diceva, del dare e dell’avere;
e a me sembrava osceno, vergognoso,
parlare di teoria dei soldi a scuola.
Il denaro e gli oggetti