ALDA MERINI

ALDA MERINI
Valentina Carnelutti, mercoledì 18 aprile 2018
INVETTIVA CONTRO LA LUNA
L’albatros
Io ero un uccello
dal bianco ventre gentile,
qualcuno mi ha tagliato la gola
per riderci sopra,
non so.
Io ero un albatro grande
e volteggiavo sui mari.
Qualcuno ha fermato il mio viaggio,
senza nessuna carità di suono.
Ma anche distesa per terra
io canto ora per te
le mie canzoni d’amore.
( Vuoto d’amore, 1991)
Confessione
Tu mi domandi per sempre,
ma io non ho vita continua;
ti nutrirei di attimi soltanto.
Sono l’apparizione che dilegua,
e il tempo che intercorre fra due tappe
è una tregua a favore della morte.
Io vivo nello spazio di un amplesso:
tu stesso mi maturi senza accorgerti
sotto il tepore delle tue carezze…
Ma ti confesso, e credimi:
non c’è forma di donna che continui,
dentro di me, il rovescio dell’amante.
(26 dicembre, 1948 – La presenza di Orfeo, 1953)
Canto di risposta
(a Franco Gentilucci)
L’essere stata in certi tristi luoghi,
coltivare fantasmi
come tu dici, attento amico mio,
non dà diritto a credere che dentro
dentro di me continui la follia.
Sono rimasta poeta anche nell’inferno
solo che io cercavo di Euridice
la casta ombra e non ho più parole…
Ecco, Franco, la tenera risposta
al tuo dilemma: io sono poeta
e poeta rimasi tra le sbarre
solo che fuori, senza casa e persa
ho continuato mio malgrado il canto
della tristezza, e dentro ad ogni fiore
della mia casa è ancora la speranza
che nulla sia accaduto a devastare
il mio solco di luce ed abbia perso
la vera chiave che mi chiude al vero.
(Destinati a morire. Poesie vecchie e nuove, 1980)
Io vorrei, superato ogni tremore
(a mia madre)
Io vorrei, superato ogni tremore
giungere alla bellezza che mi incalza,
dalla rovina del silenzio, fonda,
togliere la misura della voce
e cantare all’unisono coi suoni;
stamparmi nelle palme ogni vigore
in crescita perenne e modulare
un attento confine con le cose
ov’io possa con esse colloquiare
difesa sempre da incipienti caos.
Vorrei abitare nel segreto cuore
centro d’ogni più puro movimento,
animare di me gli spenti aspetti
dei fantasmi reali e riplasmare
le parabole ardenti ove ogni grazia
è tocca dal suo limite. Variata
stupendamente da codesti incontri
numererò la plurima mia essenza
entro un solo, perenne,
insistere di toni adolescenti.
Nell’aperta misura delle ali
del più libero uccello,
nel vigore degli alberi,
nella chiarezza-musica dei venti,
nel frastuono puerile dei colori,
nell’aroma del frutto,
sarò creatura in unico e diverso
principio, senza origine né segno
d’ancestrale condanna.
E so, per questa verità, che il tempo
non crollerà spargendo le rovine
dei violati contatti alla mitezza
del mio nuovo apparire, né la sacra
identità del canto verrà meno
ai suoi idoli vivi.
(16 dicembre, 1954 – Nozze romane, 1955 )
I poeti lavorano di notte
I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere iddio
ma i poeti nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
(Destinati a morire. Poesie vecchie e nuove, 1980)
Merini