William Xerra ha realizzato nel 1999 una sua versione della Via Crucis partendo da una serie di quattordici stazioni omogenee reperite sul mercato antiquario. In origine si tratta di una Via Crucis settecentesca di ambito lombardo, come ha riconosciuto Alberto Crispo, che ha criticamente esaminato le tele originarie. Secondo un modo di operare che da anni gli è proprio, Xerra ha recuperato tali materiali pittorici del passato, applicandoli su nuovi telai e integrandoli con sue elaborazioni, per proporre un esercizio di lettura o di accompagnamento laterale dei modelli iconografici e simbolici.

Senza effettuare una vera e propria traduzione in forma moderna, l’artista ha sottoposto il racconto religioso e popolare a un dialogo con rimandi astratti e concettuali che aprono ulteriori possibili vie di comprensione dei soggetti di
partenza. Forme geometriche, collage di documenti ritrovati tra le carte di famiglia, parole a margine, accenni figurativi e altri inserti costituiscono tutti “segni” o “tracce” che riportano al mondo della rappresentazione, e quindi della pittura, ma riescono a trascenderla. I “segni” si fanno infatti “simboli”, elementi di una simbologia che è radicata nella tradizione, ma che si apre anche a ipotesi tematiche di nuova invenzione, che scaturiscono cioè dalla sintonia con l’arte e il pensiero contemporaneo. Xerra ha agito da artista che si appropria del linguaggio dell’arte, come in ogni epoca è accaduto, per riuscire a dare nuova dignità e vitalità ai motivi di partenza
, vissuti intimamente e non semplicemente usati per ragioni formali. La Via Crucis che ha fatto “sua” permette così di meditare sulla possibile qualificazione in termini attuali di un motivo iconografico riscattato dal rischio della ripetizione per tornare a essere fonte di letture che dall’immagine provengono, ma che ad essa non si arrestano. Così facendo, il racconto aspira a una dimensione universale, dove la Croce è posta al centro delle infinite possibilità di scomposizione, astrazione, reinvenzione di una simbologia che non smette di essere attuale, fino a essere clessidra, segno di negazione, costruzione di spazio, legame con l’infinito.

Con il suo lavoro l’artista svolge una riflessione sui temi della sofferenza e della morte che mettono in contatto l’ambito religioso con la realtà umana, attraverso le possibilità offerte dai materiali dell’arte e della vita quotidiana, per affermare, come dice Remo Bodei al proposito, la “possibilità di rinascere alla vita”.


Francesco Tedeschi

Critico d’arte

 

La Via Crucis di William Xerra come commento a un modello iconografico